“Loin des Hommes” e l’impossibilità di schierarsi

Un prigioniero che non vuole fuggire, un guardiano che non vuole consegnarlo alle autorità. Uno strano incontro, che cambierà la vita di ambedue i protagonisti, sullo sfondo di una rivoluzione che esplode, un’epoca che finisce, la necessità e l’impossibilità di prendere posizione.  “Loin des Hommes”, una delle più belle sorprese del festival di Venezia del 2014, è un film che si interroga sulle differenze culturali, sull’appartenenza, e sul potere della cultura e dell’istruzione in contrapposizione alle armi.

Algeria, 1954, all’inizio della guerra d’indipendenza dalla Francia: a un maestro di scuola che insegna ai bambini locali la lingua e la cultura francesi viene affidato un giovane che ha ucciso un cugino, perché lo consegni alle autorità della città più vicina per essere processato e quasi certamente condannato a morte. I due cominciano così un viaggio che si rivelerà ricco di imprevisti.

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Dal racconto “L’ospite” di Albert Camus, il regista David Oelhoffen ha realizzato un film complesso e pieno di sfaccettature. È a modo suo un western, in cui i grandi spazi del Maghreb si sostituiscono a quelli dell’ovest americano; è un road movie, in cui dietro ogni angolo della strada si nasconde un incontro destinato a cambiare il corso della storia; è la narrazione di un’amicizia fra due individui di cultura, lingua e religione diverse che scoprono che l’altro è diverso da come se lo aspettavano. È, soprattutto, la storia di Daru, “uomo giusto” nel posto sbagliato: cittadino francese ma nato e cresciuto in Algeria da genitori andalusi, “arabo per i francesi e francese per gli arabi”; un soldato che di violenza nel ha già vista abbastanza, che vorrebbe evitare di schierarsi, e che è convinto che la vera e prima emancipazione è quella dall’ignoranza.

È difficile, soprattutto di questi tempi, raccontare con equilibrio l’incontro-scontro tra l’Occidente cattolico e il Maghreb musulmano: ma la sceneggiatura, estremamente calibrata, evita le facili trappole, le prese di posizione assolute, le prediche, permettendo allo spettatore di essere testimone insieme con i personaggi delle assurdità di antiche tradizioni tribali, o della fredda crudeltà del colonialismo.

Loin-Des-Hommes-2014-Movie-Picture-01In questo il film è aiutato dall’eccellente interpretazione dei due protagonisti, un Viggo Mortensen (ebbene sì, Aragorn de “Il Signore degli Anelli”) che si destreggia sorprendentemente bene tra francese e arabo, e il giovane Reda Kateb; dalla fotografia di Guillaume Deffontaines che fa del paesaggio il terzo e forse più importante personaggio; e dalla musica – che solo alla fine ho scoperto essere di Nick Cave e Warren Ellis – che riesce a combinare suggestioni etniche con il sound di una grande chitarra rock.
Spero che venga distribuito in Italia, preferibilmente non doppiato, perché come avrete capito mi è piaciuto parecchio; e mi dispiace solo che a Venezia non abbia ottenuto un riconoscimento dalla Giuria.