“Patria”, il saggio diventa il film

Salvo (Francesco Pannofino), operaio metalmeccanico dichiaratamente di destra in procinto di essere messo in mobilità per la finta rilocalizzazione dell’azienda, si barrica in segno di protesta in cima a una delle ciminiere dello stabilimento. A lui si unisce suo malgrado Giorgio (Roberto Citran), il sindacalista di sinistra che stava conducendo le trattative con l’azienda; e a loro si aggiungerà successivamente Luca (Carlo Giuseppe Gabardini), giovane ipovedente in “assunzione obbligatoria” che si rivelerà essere molto più intelligente di quanto non sembri.

Come filmare con successo un libro infilmabile: trasferire sullo schermo il le 900 pagine del saggio di Enrico Deaglio sulla storia dell’Italia repubblicana dal 1978 al 2010  non sembrava possibile, anche solo per la quantità di informazioni e di fatti riportati. E comunque non sotto forma di fiction, a meno di non costruire un set grande come l’Italia e ripopolarlo con i personaggi dell’epoca.

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Con l’aiuto di Luca D’Ascanio, Dino Giarrusso e Beba Slijepcevic, Felice Farina è riuscito invece a quadrare il cerchio. Gli sceneggiatori hanno creato una cornice narrativa in cui il dialogo fra i tre personaggi – che rappresentano non tanto “destra” e “sinistra”, categorie da sole inadeguate alla complessità del nostro mondo; quanto la ”pancia”, il ragionamento, e la memoria degli Italiani – offre l’opportunità di ripercorrere sulla traccia del volume di Deaglio gli avvenimenti degli ultimi 30 anni.

La parte documentaristica si alterna alle scene recitate, con brevi citazioni del testo di partenza recuperate dalla prodigiosa memoria di Luca e soprattutto con sequenze di montaggio di materiale d’archivio particolarmente efficaci, tanto per la scelta e l’accostamento delle immagini quanto per la ricca e coinvolgente scelta di materiali sonori che le completano.

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Il risultato è al tempo stesso una fiction recitata in modo strepitoso, e un bel documentario di denuncia civile, in un intelligente mix che raggiunge l’obiettivo senza annoiare un momento e che – inserito nelle Giornate degli Autori  curate da Giorgio Gosetti all’ultimo Festival di Venezia – è stata una delle più belle sorprese di una Mostra in cui i film italiani in concorso non hanno entusiasmato.

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(pubblicato originariamente su “Fuori Corso – Sguardi sulle periferie del cinema”)